Avviata nel 2021 e tuttora in corso, consiste in un'azione legale che cita in giudizio lo Stato per inadempienza climatica, ovvero per l’insufficiente impegno nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni clima-alteranti, cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dallo Stato italiano.
Il procedimento è stato promosso da 200 ricorrenti, tra i quali 24 associazioni e 17 minori.
La denominazione dell'iniziativa rende bene l'urgenza di intervenire concretamente per ostacolare il cambiamento climatico, i cui incontestabili effetti stanno deteriorando l'ambiente al punto da sgretolare progressivamente il diritto alla salute, a un cibo sano, all'acqua, insomma, ad una vita dignitosa.
La tutela dei diritti umani e sociali è elemento fondativo della nostra Costituzione, e proprio per questo è intollerabile la distanza che troppo spesso c'è tra i principi costituzionali e l'azione dello Stato, inteso nelle sue varie articolazioni di governo nazionale e locale.
Un'azione improntata ad una concezione puramente economicista del mondo e della società, volta ad estrarre valore finanziario da ogni risorsa naturale, sostanzialmente sorda ai pressanti appelli della comunità scientifica sulla natura strutturale della crisi climatica e sull'irreversibilità dei suoi effetti.
Giudizio Universale richiede al Tribunale Civile di Roma, dove è in corso la causa, di dichiarare lo Stato italiano colpevole di inadempienza nel contrasto all’emergenza climatica e di condannarlo a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
La decisione dei giudici è prevista entro il febbraio 2024.
Ci sono precedenti a livello internazionale che consentono di sperare in un esito positivo. In particolare nei Paesi Bassi, al termine di un procedimento avviato dall'associazione ambientalista Urgenda nel 2013 e conclusosi nel dicembre 2019, la Corte Suprema olandese ha rilevato l'inerzia dello Stato e constatato che le devastanti conseguenze che il cambiamento climatico già determina, e sempre più determinerà, causano una violazione dei diritti fondamentali. Per i doveri che il sistema costituzionale gli attribuisce, lo Stato è quindi tenuto ad agire drasticamente al fine di prevenire danni gravi e irreversibili per il benessere comune. Ritardare l'adozione di misure significative di riduzione delle emissioni è da considerarsi illegale, in violazione del dovere di protezione dei diritti umani che incombe sulle autorità pubbliche.
Non siamo giuristi e non siamo in grado di entrare in disquisizioni in punta di diritto. Comprendiamo però l'importanza di un eventuale analogo orientamento della magistratura italiana. Sarebbe un segnale forte alle nostre classi dirigenti, un autorevole contributo a quella svolta culturale necessaria a guidare le azioni di governo, un potente incentivo per chi si impegna da tempo per salvare il futuro.
Torino, novembre 2023
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