Articolo di Maurizio Pagliassotti pubblicato su il manifesto del 03.12.2017
Torino. La sentenza emessa dal giudice di pace riguarda in tutto 305 comuni
Ha fatto scalpore ieri ad Asti, in occasione dell’Assemblea macroregionale Nord Ovest dei movimenti dell’acqua, la sentenza di un giudice di pace di Torino che, in poche parole, ha confermato un concetto che gli italiani hanno votato in massa nel 2011: l’acqua non è una merce.
Torino, triennio 2008 – 2011: gli albori del declino economico della città si manifestano con un dato che fa sobbalzare pedagogisti della decrescita ed economisti. I torinesi consumano meno acqua,circa il 10%, in linea con il dato nazionale Istat del 2014.
Questo calo si trasforma in un risparmio nella bolletta? Così dovrebbe essere, ma nel mondo dell’economia di mercato la realtà è diversa. Perché Smat Spa – il cui azionista di maggioranza è il Comune di Torino – crea un «conguaglio ante 2012», il cui scopo è quello di compensare mancati
introiti. Gli azionisti sono i Comuni, in testa quello di Torino, al tempo governato dal Pd, ossessionato dalla «estrazione di valore» dai beni pubblici: anche gli altri 305 comuni accettarono il principio secondo cui l’acqua è un bene come un altro da cui estrapolare profitto. Anche se, al momento del
voto, inerente l’approvazione del conguaglio, l’assessore del Comune di Torino, Alessandro La Volta, era assente.
Il Comitato Acqua Pubblica di Torino ha denunciato fin dal 2014 questa insolita tariffa, con molte iniziative che si sono però infrante contro i muri di gomma delle istituzioni, giungendo a rivolgersi ad un Giudice di pace che, con la sentenza n. 3878 17 del 30 ottobre scorso, ha riconosciuto
pienamente le ragioni dei ricorrenti.
Si tratta di una causa pilota – condotta in collaborazione con lAssociazione ADOC per la difesa e l’orientamento dei Consumatori e sotto il patrocinio dellavvocato Gianluca Nargiso si è quindi conclusa con una piena vittoria, sancita dalla sentenza della giudice Carla Boschiggia, decisione che
non potrà essere ignorata.
La situazione che scaturisce da questa sentenza, rispetto la quale Smat Spa forse farà appello, fa emergere il paradosso dei Comuni azionisti. Strozzati dal debito, quasi tutti, e dai tagli operati dal governo centrale, tutti potrebbero o dovrebbero restituire ai cittadini i denari derivanti dal
conguaglio che votarono. In che modo non è chiaro, ma in ogni caso non si tratta di cifre irrisorie, anzi, l’ammontare potrebbe superare i 46 milioni di euro. In prospettiva si intravede un paradossale conflitto tra gli enti pubblici, gli azionisti, e la cittadinanza.
Mariangela Rosolen, del Comitato Acqua Pubblica di Torino commenta: «Da questa vicenda si evince un piano culturale sconcertante: i beni comuni, e in primis l’acqua, sono inquadrati come strumenti di profitto. Non importa che il proprietario sia un privato o un ente pubblico di diritto privato, come la Smat. Un’azienda di proprietà pubblica gestita secondo il diritto privato ha scopo di lucro, che si comporta peggio di un privato tout court che non chiederebbe mai un conguaglio sulla merce che ha venduto anni prima. E’ un comportamento che i comuni devono sanzionare, e non approvare, visto che sono loro i proprietari di Smat. Andremo avanti con altre cause, ma soprattutto domanderemo al Comune di Torino di chiedere a Smat di non impugnare la sentenza, al fine di restituire ai cittadini quanto hanno ingiustamente pagato».
Dall’amministrazione di Torino guidata da Chiara Appendino si propaga un imbarazzato silenzio, nonostante le proteste del variegato mondo penta stellato che denunciano lo «scandalo» e chiedono a gran voce la restituzione ai cittadini di quanto dovuto. E’ il caso degli attivisti di Vinovo del M5s
che chiedono all’assessore al Bilancio del loro Comune di «assistere i concittadini nel recupero del maltolto».
Lunedì la consigliera di Torino in Comune, Eleonora Artesio, presenterà un’interpellanza per chiedere all’amministrazione comunale come intende procedere.